Giustificato motivo oggettivo: se non viene provata l’impossibilità di ricollocamento il lavoratore ha diritto alla reintegrazione.
I giudici di Roma, con ampia e articolata motivazione, nel valutare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo relativo alla cessazione di un contratto di appalto, riconducono l’assenza di prova circa
l’impossibilità di ricollocazione del lavoratore (a carico del datore di lavoro) al vizio di “manifesta
insussistenza del fatto”. Ne consegue, nel caso di specie, condanna alla reintegrazione ai sensi del 4°
comma dell’art. 18 L. 300/70.
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